“l’incisione può essere definita, in senso lato, “come l’arte di disegnare o di scrivere su qualunque materiale mediante un segno inciso” definizione data da Arthur Hind nella sua “Storia dell’incisione”. Intuiamo subito che i materiali su cui incidere sono diversi, i più utilizzati sono il legno, il rame, l’ottone, lo zinco, l’acciaio, la pietre litografica e la seta.
Analizzando i differenti supporti individuiamo anche la distinzione tra una tecnica e l’altra.
Legno: la XILOGRAFIA. L’artista intaglia il suo disegno su una tavoletta di legno stagionata e lisciata utilizzando coltelli, sgorbie e scalpellini, strumenti che devono essere molto ben affilati, tenendo a mente che le parti dove il legno viene asportato risulteranno nella stampa bianche, una volta terminata l’incisione la tavoletta viene inchiostrata e l’immagine trasferita su un foglio di carta mediante una stampa a contatto. La stampa che si ottiene è una stampa in rilievo, in bianco nero. E’ possibile ottenere stampe policrome, per fare ciò è necessario intagliare più matrici, in tal caso la difficoltà sta nella assoluta precisione di posizionamento del foglio sulle matrici. I giapponesi furono maestri in questa tecnica arrivando a realizzare opere in dieci colori.
Rame, ottone, zinco: la stampa che si ottiene è da incisione in cavo e si differenzia a seconda dello strumento utilizzato dall’incisore. La lastra metallica una volta incisa viene inchiostrata, l’inchiostro superfluo rimosso e poi su di essa viene posto un foglio di carta inumidita, il tutto posizionato tra due feltri passa sotto i rulli del torchio che imprime pressione. La carta viene così spinta nei solchi e rimane impressionata dall’inchiostro.
Analizziamo le varie tecniche:
- Il bulino un piccolo scalpello in acciaio a sezione quadrata con la punta obliqua rispetto all’asse, quest’ultima molto affilata, l’artista spinge la punta sulla lastra metallica, la più utilizzata è il rame, in modo da scavare il segno. Il ricciolo che si crea (barba) deve essere rimosso utilizzando un raschietto e pulire così il solco, che dovrà essere perfettamente pulito. L’artista può impiegare anche altri strumenti con fogge differenti che permettono di ottenere altri segni.
- La puntasecca prevede invece l’utilizzo di un strumento differente, un astina in acciaio, molto appuntita che viene spinta sulla lastra, impugnandola come una matita, le barbe che si formano non vengono rimosse ma lasciate sulla lastra, le quali contribuiranno alla caratterizzazione del disegno con un segno dai toni vellutati.
- L’acquaforte si differenzia da quelle sopra descritte in quanto la lastra viene prima preparata con una lucidatura e poi con la stesura di una vernice per acquaforte, cioè un composto di cere, resine, gomme. La lastra successivamente viene affumicata mediante l’uso di una fiamma. L’artista utilizzando una punta sottile incide il disegno rimuovendo la vernice solo in corrispondenza del segno inciso. La lastra in seguito viene immersa in una soluzione di acido nitrico ottenendo la corrosione del metallo nelle parti scoperte dalla punta. La durata del bagno nell’acido cambia la profondità del solco, la cosiddetta morsura, la quale può essere ripetuta più volte. La profondità del segno può essere anche variata in alcune parti del disegno con la ripetizione del bagno nell’acido (rimorsura). Naturalmente le parti che non devono essere nuovamente corrose vanno nascoste con una vernice di copertura.
- L’acquatinta, il metodo è identico a quello descritto per la realizzazione dell’acquaforte, ma le sue caratteristiche finali sono ottenute invece con una lastra granulata anziché levigata. Il grado di granulazione, che è la principale caratteristica di questa tecnica, si esegue gettando sopra la lastra un materiale granuloso (calofonia o granuli di asfalto bitumato). L’effetto che si ottiene nella stampa è molto piacevole, la tiratura delle copie è sempre abbastanza limitata.
Se volete approfondire e osservare del vivo questa tecnica affascinate vi rimendo al video “viaggio nell’atmosfera. Acquaforte acquatinta di Giancarlo Pozzi” https://www.youtube.com/watch?v=sopiRW-IIHk
La pietra litografica, è il materiale che caratterizza la litografia, una tecnica completamente differente da quelle fin qui descritte. La pietra litografica è un calcare fine, abbastanza duro e omogeneo, i cui giacimenti si trovano in Baviera. Il disegno viene eseguito con una matita molto grassa sulla pietra perfettamente levigata, il grasso della matita penetra nei pori della pietra e si fissa. Su tutta la superficie della pietra con il disegno realizzato dall’artista si passa del talco, quindi un velo sottile ma uniforme di mordente, una soluzione composta di acido nitrico diluito con acqua e gomma arabica. Nelle parti non disegnate, cioè dove manca l’inchiostro, l’acido provoca la trasformazione del carbonato di calcio (esistente nella pietra matrice) in nitrato di calcio con proprietà idrofila, mentre nella parte protetta (quella disegnata) il carbonato di calcio trattiene l’inchiostro, essendo questo un materiale grasso. Si procede alla pulizia completa della piastra con essenza di trementina, compreso il disegno realizzato dall’artista. La piastra non presenta più nessuna visibile modificazione fisica ma risulta preparata chimicamente a ricevere e repellere l’inchiostro di stampa. La lastra viene poi risciacquata in acqua corrente e senza attende che la pietra si asciughi completamente si passa all’inchiostrazione (inchiostro litografico) con un rullo di caucciù. Le aree in carbonato di calcio, solo quelle, assorbiranno l’inchiostro. La stampa avviene con il torchio litografico, ponendo a contatto la carta con la matrice.
La pietra oggi non viane più utilizzata, è stata sostituita da lastre di zinco materiale, più facilmente reperibile e pratico.
Le seta ha la particolarità di permettere il passaggio di colore attraverso la trama, questa tecnica si chiama serigrafia. La seta viene tesata su un apposito telaio e ricoperta con una speciale gelatina, su cui si appoggia un foglio di acetato, preparato con una vernice coprente stesa nelle zone che dovranno rimanere bianche sul foglio. Il telaio e l’acetato vengono posti sotto una lampada UV, la luce, filtrando attraverso gli spazi dove l’acetato non è stato coperto dalla vernice, consolida la gelatina sul tracciato. La gelatina eccedente viene rimossa liberando la trama dal colore e riportando la seta allo stato originario. Il telaio così preparato, viene disposto su un piano orizzontale e mediante una spatola (racla) si distende l’inchiostro sulla seta, che filtrando attraverso la trama va a depositarsi sul foglio sottostante realizzando l’immagine voluta. Questo procedimento deve essere ripetuto per ogni colore preparando un apposito telaio.
Questa tecnica, molto amata da Handy Warhol, è da molti anni utilizzata per la produzione di stampe d’arte.